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« 15 agosto 2012 / 2019: sette anni di fede ardente »

«La mia elezione non è fresco riposo in un boschetto fiorito. Io sono venuto a portare fuoco sulla Terra; e che posso desiderare se non che si accenda? Perciò mi affatico e voglio vi affatichiate fino alla morte e finché la Terra sia tutta un rogo di fuoco celeste. Io devo essere battezzato con un battesimo. E come sarò angustiato finché non sarà compiuto! Non vi chiedete perché? Perché per esso potrò di voi fare dei portatori del Fuoco, degli agitatori che si muoveranno in tutti e contro tutti gli strati sociali, per farne un’unica cosa: il gregge di Cristo. Credete voi che Io sia venuto a metter pace sulla Terra? E secondo il modo di vedere della Terra? No. Ma anzi discordia e separazione. Perché d’ora innanzi, e fintanto che tutta la Terra non sarà un unico gregge, di cinque che sono in una casa due saranno contro tre, e sarà il padre contro il figlio, e questo contro il padre, e la madre contro le figlie, e queste contro quella, e le suocere e nuore avranno un motivo di più per non intendersi, perché un linguaggio nuovo sarà su certe labbra e accadrà come una Babele, perché un sommovimento profondo scuoterà il regno degli affetti umani e soprumani. Ma poi verrà l’ora in cui tutto si unificherà in una lingua nuova, parlata da tutti i salvati dal Nazareno, e si depureranno le acque dei sentimenti, andando sul fondo le scorie e brillando alla superficie le limpide onde dei laghi celesti. In verità che non è riposo il servirmi, secondo quanto dà, l’uomo, di significato a questa parola. Occorre eroismo e instancabilità. Ma Io ve lo dico: alla fine sarà Gesù, sempre e ancora Gesù, che si cingerà la veste per servirvi, e poi si siederà con voi ad un banchetto eterno e sarà dimenticata fatica e dolore». (Cfr. Lc 12, 49-53)

Maria Valtorta: L’uomo avido e la parabola del ricco stolto. Le inquietudini e la vigilanza nei servi di Dio. Cap. 276. Poema: IV, 140.  10 settembre 1945.

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Potenza della fede

Gli apostoli dissero al Signore: «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

Servire con umiltà

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». Lc 17,5-10

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LA GRANDE DIFFERENZA TRA LA SANTITÀ DELLE VIRTÙ E QUELLA DEL VIVERE NELL’UNITÀ DELLA LUCE DEL VOLER DIVINO.

 

Trovandomi nel solito mio stato, il mio dolce Gesù faceva vedere la divina giustizia in atto di sgravarsi sulla terra, comandando agli elementi che si scatenassero contro le creature; io tremavo nel vedere: dove le acque inondavano i paesi quasi per seppellirli; dove il vento, che con forza impetuosa trasportava e sradicava piante, alberi, case, da farne un mucchio, da rimanere varie regioni nella più squallida miseria; dove serpeggiavano terremoti con notevole danno. Ma chi può dire tutti i mali che stanno per piombare sulla terra? Oltre di ciò, il mio sempre amabile Gesù si faceva vedere nel mio interno che soffriva in modo straziante per le tante offese che gli facevano le creature, specie per le tante ipocrisie; sembrava che sotto al bene apparente tenevano il veleno nascosto, le spade, le lance, i chiodi, per ferirlo in tutti i modi. Onde, come se Gesù mi volesse insieme a patire mi ha detto:

“Figlia mia, la bilancia della mia Giustizia è colma e sta straripando sopra le creature; vuoi tu come figlia della mia Volontà che Io ti metta ai riflessi della mia Giustizia, affinché prenda parte ai suoi colpi? Perché sta per fare un mucchio della terra; e mentre col tuo patire soddisfi la Giustizia, risparmierai i tuoi fratelli. Chi vive nell’alto Regno del Supremo Volere deve difendere ed aiutare chi sta nel basso “.

Ora, mentre ciò diceva mi son sentita come se la Giustizia divina piovesse i suoi riflessi su di me, e Gesù immedesimandomi con Lui, soffrivo insieme i suoi colpi, le sue ferite, le sue pene; erano tante che io stessa non sapevo se dovessi restare viva o morta; ma con sommo mio dolore, il mio Gesù, ritirandosi ha mitigato le mie pene e son restata di nuovo a valicare il mio duro e lungo esilio. Ma sempre: “Fiat! Fiat!”… Tutto ciò avrei voluto passarlo per sopra [tralasciarlo], ma l’ubbidienza si è imposta e con mio sommo rincrescimento ho dovuto fare un piccolo cenno. Onde, chi può dire come sono restata? Ed il mio dolce Gesù per sollevarmi ha ripreso il suo dire sulla sua Santissima V olontà:

Figlia mia, vieni con Me in mezzo alla Creazione: Cielo e terra ti aspettano, vogliono colei che, animata da quella stessa Volontà che anima e dà vita ad esse, faccia risuonare tutta la Creazione di quell’eco dolcissimo dell’Eterno Amore del loro Fattore; vogliono la tua voce che, scorrendo in ciascuna cosa creata, animi il loro muto linguaggio di quella perenne gloria e adorazione al loro Creatore. E siccome tutte le cose create sono vincolate tra loro ed una è la forza dell’altra, perché una è la Volontà Suprema che le vivifica e conserva, onde chi la possiede è vincolata con esse con la medesima forza e con la stessa unione; quindi non stando [tu] in mezzo alla Creazione si sentirebbero mancare, per la tua assenza, la forza universale ed il vincolo dell’inseparabilità. Perciò vieni nei nostri domini, perché tutti ti sospirano, ed insieme ti farò comprendere altre cose sulla grande distanza che c’è tra la santità di chi possiede l’unità della Luce del Regno della mia Volontà e la santità della sottomissione, della rassegnazione e delle virtù”.

Ora, mentre ciò diceva mi son trovata fuori di me stessa e cercavo di far risuonare il mio ‘Ti amo’, la mia adorazione, su tutte le cose create, e Gesù tutto bontà ha soggiunto:

“Figlia mia, guarda il cielo, le stelle, il sole, la luna, le piante, i fiori, il mare, guarda tutto: ciascuna cosa ha la sua natura distinta, il suo colorito, la sua piccolezza e la sua altezza, ognuna ha il suo ufficio distinto, e una non può fare ciò che fa l’altra né produrre gli stessi effetti. Sicché ciascuna cosa creata è simbolo della santità delle virtù, della sottomissione e rassegnazione alla mia Volontà; a seconda delle virtù che hanno praticato, [i Santi] hanno attinto in loro un colore distinto, perciò si può dire chi è fiore rosso, chi viola, chi bianco, chi è pianta, chi è albero, chi è stella; e a secondo che si sono sottomessi ai riflessi del Supremo Volere, così hanno sviluppato nella fecondità, nell’altezza, nella bellezza, ma uno è il loro colorito, perché il mio Volere, come raggio di sole, ha dato loro il colore di quel seme che loro stessi avevano messo nelle anime loro.

Invece la santità di chi vive nell’unità della Luce della mia Volontà è parto di quell’Atto solo del suo Creatore, che mentre è uno nelle mani creatrici, i raggi della sua Volontà, uscendo da Dio, invadono tutto e producono opere ed effetti, tanto innumerevoli che l’uomo non può giungere a contarli tutti. Sicché questa santità, essendo parto di quell’Atto solo, sarà cura e gelosia del Voler Supremo che racchiuda in sé tutti i colori, tutte le svariate bellezze, tutti i beni possibili ed immaginabili. Sicché più che sole sfolgorante racchiuderà ed eclisserà in sé tutta la Creazione con le sue svariate bellezze, tutti i beni della Redenzione si vedranno in lei racchiusi, tutte le santità si vedranno in lei, ed Io, sfoggiando in amore più che mai, metterò il suggello della mia stessa Santità in chi avrà posseduto il Regno della mia Volontà.

Sai tu come succederà a riguardo di questa santità del vivere nel mio Volere, per il tuo Creatore? Succederà come ad un re che non ha prole: questo re non gode mai l’affetto d’un figlio, né lui si sente di prodigare tutte le sue carezze paterne né i suoi baci affettuosi, perché non scorge in nessuno il suo parto, le sue fattezze e a chi affidare le sorti del suo Regno; poveretto, vive sempre con un chiodo nel cuore, vive sempre circondato da servi, da persone che non lo rassomigliano, e se gli stanno dintorno non è per puro amore, ma per interesse proprio, per fare acquisto di ricchezze, di gloria e forse anche per tradirlo. Ora, supponi che venga un suo figlio alla luce dopo lungo tempo: quale non è la festa di questo re? Come se lo bacia, lo carezza, non sa distaccare il suo sguardo dal figlio suo, in cui riconosce la sua immagine; appena nato lo eredita [lo fa erede] del suo Regno e di tutti i suoi beni, e la sua completa gioia e festa è che il suo Regno non sarà più degli estranei, dei suoi servi, ma del suo caro figlio. Onde si può dire che ciò che è del padre è del figlio, e ciò che è del figlio è del padre.

Ora, chi possederà il Regno della mia Volontà sarà per Noi come un figlio nato dopo seimila anni circa; qual gioia, qual festa non sarà per Noi nel vedere in lui la nostra immagine integra, bella, come la uscimmo dal nostro seno paterno; tutte le carezze, i baci, i doni, saranno per questo figlio, molto più che, avendo dato all’uomo nella Creazione il Regno della nostra Volontà come eredità sua speciale, ed essendo stato questo nostro Regno in mano ad estranei, a servi, a traditori, per sì lungo tempo, nel vedere questo figlio, che lo possederà come figlio e Ci darà la gloria del Regno della nostra Volontà, la nostra eredità sarà messa in salvo da parte di questo figlio. Non è giusto che tutto le diamo, anche Noi stessi, e che racchiuda tutto e tutti?”

Mentre Gesù ciò diceva, io son rimasta impensierita e Gli ho detto: “Possibile, Amor mio, tutto questo?” E Gesù ha soggiunto:

Figlia mia, non ti meravigliare, perché col possedere l’anima il Regno del Supremo V olere possederà una V olontà Divina, infinita, eterna, che racchiude tutti i beni; quindi chi possiede tutto può darci tutto. Qual sarà il nostro contento, la nostra e la sua felicità nel vedere la piccolezza della creatura in questo nostro Regno, che prende continuamente da Noi da padrona, da figlia nostra? E siccome ciò che prende da Noi è divino, lei prende il divino e il divino Ci dà, prende l’infinito e l’infinito Ci dà, prende da Noi cose immense e cose immense Ci dà, prende da Noi luce e luce Ci porta; lei non farà altro che prendere e darci; Noi metteremo a sua disposizione tutte le cose nostre, affinché nel Regno della nostra Volontà, datogli da Noi, non più entrino cose a Noi estranee, ma tutte cose nostre, e così possiamo ricevere i frutti, la gloria, l’amore, l’onore del Regno della nostra Volontà. Perciò sii attenta ed il tuo volo nel nostro Volere sia continuo”.

 

Luisa Piccarreta: LDC – XIX Volume 2 Luglio 1926