«DEUS FACTUS EST HOMO, UT HOMO FIERET DEUS: “DIO SI È FATTO UOMO, PERCHÉ L’UOMO DIVENTASSE DIO”»
Un dossier recente, acclara in modo sorprendente l’evidenza scientifica del fenomeno soprannaturale dei miracoli eucaristici accaduti in varie parti del mondo e lungo la storia. Uno su tutti il miracolo di Lanciano. Ma tutto accade alla luce del sole e della fede che si fa ragione, scienza e coscienza nonostante il dilagare dell’indifferenza.
Mai come oggi siamo invitati a credere di più, più di quanto possiamo immaginare e sperare in un Dio così immenso e miracoloso che si fa Uomo, Vita, Ostia vivente e intelligente, sempre vincente sul tempo e la materia, sulla morte malgrado l’esaltazione dell’intelligenza artificiale che mai potrà offrirci il dono della vita eterna.
Il Verbo si è fatto carne per riportarci in alto, su in salita, per risalire la china, dall’abisso di tutte le miserie umane (dell’umano volere!) al più alto grado di tutte le felicità divine, per entrare con lui nel regno adorabile della sua Divina Volontà. Dice Sant’Agostino: “E` sorto (…) su tutto il mondo il vero sole. Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio”. Il Verbo si è fatto carne perché diventassimo « partecipi della natura divina ». (2 Pt 1,4)
In ogni miracolo eucaristico si è riscontrato che ci troviamo di fronte ad un tessuto ancora miracolosamente “vivo e sofferente”:
«Per quanto riguarda il sangue – dettaglia il cardiologo che ha visitato Gesù – la linfocitosi e la ipogammaglobulinemia riscontrate in laboratorio, sono compatibili con il quadro clinico di un paziente politraumatizzato: una persona pestata, picchiata o vittima di un grave incidente, sottoposta ad uno choc grave, che verte in una situazione di stress psico-fisico acuto o subacuto, ove si possono fornire le tempistiche di uno/due giorni dall’esordio».
Lo stesso discorso vale anche per quanto concerne il tessuto cardiaco, il quale ci rivela: «non tanto una malattia cardiaca o un infarto che dipende da difetti delle coronarie, quanto piuttosto un severo danno da stress che è mediato dalle catecolamine… ovvero parliamo di tutte quelle situazioni che ritroviamo nelle biopsie o nelle autopsie di pazienti che hanno subito una grave prostrazione di tipo psichico o farmacologico o traumatico. Ad esempio, vittime di un incidente aereo o… condannati a morte». (Franco Serafini)
In questa tremenda crisi epocale che stiamo attraversando chi condurrà a salvezza il popolo di Dio liberandolo dalla falsa scienza ma soprattutto dall’apostasia?
«Chi salverà la Chiesa? Non pensate ai sacerdoti, non pensate ai vescovi e ai religiosi. Sta a voi, laici. Sta a voi ricordare ai sacerdoti di essere sacerdoti, ai vescovi di essere vescovi e ai religiosi di essere religiosi». (Beato Fulton J. Sheen, 28 Maggio 1972)
Questo grande pastore di Santa Romana Chiesa, un esemplare arcivescovo come pochi, morì proprio durante un’Adorazione Eucaristica, mentre si trovava davanti a Gesù nel Santissimo Sacramento. La grazia singolarissima ricevuta è da attribuire all’impegno profuso di Sheen nel mantenere un’ora Santa di Adorazione Eucaristica che iniziò il giorno della sua ordinazione il 20 settembre 1919 fino all’incontro di Gesù in Cielo. Vita e morte una cosa sola. Un passaggio dolcissimo e soave, sicuro.
In tarda età rispondendo ad una domanda ricevuta “dove risiede il suo potere?”, testimoniò:
“Il segreto del mio potere è che in 55 anni non mi sono mai perso di passare un’ora al giorno di Adorazione alla Presenza di Gesù Nostro Signore nel Santissimo Sacramento. Ecco da dove viene il potere. Ecco dove nascono i sermoni. È da lì che viene concepito ogni buon pensiero (e ogni successo n.d.r.)”.
La Divina Volontà forma la vera e perfetta consacrazione della vita divina nell’anima.
Continuando il mio solito stato e stando molto afflitta per le privazioni di Gesù, dopo molti stenti è venuto facendosi vedere in tutto il mio povero essere, ed io mi pareva come se fossi la veste di Gesù; e rompendo il suo silenzio mi ha detto:
“Figlia mia, anche tu puoi formare delle ostie e consacrarle. Vedi la veste che mi copre nel sacramento? Sono gli accidenti del pane con cui viene formata l’ostia; la vita che esiste in quest’ostia è il mio corpo, il mio sangue e la mia Divinità; l’attitudine che contiene questa vita è la mia Suprema Volontà, e questa Volontà svolge l’amore, la riparazione, l’immolazione e tutto il resto che faccio nel Sacramento, cui[1] mai si sposta un punto dal mio Volere. Non c’è cosa che esca da me, cui il mio Volere non va innanzi.
Ed ecco come anche tu puoi formare l’ostia. L’ostia è materiale e del tutto umana, anche tu hai un corpo materiale ed una volontà umana; questo tuo corpo e questa tua volontà, se li manterrai puri, retti, lontani da qualunque ombra di peccato, sono gli accidenti, i veli per potermi consacrare e vivere nascosto in te. Ma non basta, ciò sarebbe come all’ostia senza la consacrazione; onde ci vuole la mia vita. La mia vita è composta di santità, di amore, di sapienza, di potenza, ecc., ma il motore di tutto è la mia Volontà; quindi dopo che hai preparato l’ostia, devi far morire la tua volontà nell’ostia, la devi cuocere ben bene per fare che più non rinasca e devi far sottentrare in tutto l’essere tuo la mia Volontà, e questa, che contiene tutta la mia vita, formerà la vera e perfetta consacrazione. Sicché non avrà più vita il pensiero umano, ma il pensiero del mio Volere, e questa consacrazione creerà la mia sapienza nella tua mente; non più vita dell’umano la debolezza, l’incostanza, perché la mia Volontà formerà la consacrazione della vita divina, della fortezza, della fermezza e tutto ciò che io sono.
Onde ogniqualvolta farai scorrere la tua volontà nella mia, i tuoi desideri e tutto ciò che sei e potrai fare, io rinnoverò la consacrazione, e come ostia vivente, non morta quali sono le ostie senza di me, io continuerò la mia vita in te. Ma non è tutto; nelle ostie consacrate, nelle pissidi, nei tabernacoli, tutto è morto, muto, non vi è sensibilmente un palpito, uno slancio d’amore che possa rispondere a tanto mio amore. Se non fosse che io aspetto i cuori per darmi a loro, io sarei ben infelice e ne resterei defraudato nel mio amore, e senza scopo la mia vita sacramentale; e se ciò tollero nei tabernacoli, non lo tollererei nelle ostie viventi. Quindi alla vita è necessaria la nutrizione, ed io nel Sacramento voglio essere nutrito, e voglio essere nutrito del mio stesso cibo, cioè l’anima farà sua la mia Volontà, il mio amore, le mie preghiere, le riparazioni, i sacrifizi e li darà a me come cose sue, ed io mi nutrirò. L’anima si unirà con me, tenderà le sue orecchie per sentire ciò che sto facendo per farlo insieme con me, e man mano che replicherà i miei stessi atti, mi darà il suo cibo ed io ne sarò felice; e solo in queste ostie viventi troverò il compenso della solitudine, del digiuno e di ciò che soffro nei tabernacoli”.
[Luisa Piccarreta Libro di Cielo – XI Volume 17 Dicembre 1914]