APOSTASIA,  BATTAGLIA ESCATOLOGICA,  BXVI,  CHIESA CATTOLICA,  EUCARISTIA

« “JOHANNES, VINCES!” “IN QUESTA IMMAGINE DI MARIA VINCERAI, O GIOVANNI!” »

Johannes, vinces!

È la frase profetica della grande battaglia di Vienna, guidata dal Beato Marco d’Aviano, sotto l’egida potentissima della Vergine Lauretana, determinante per la vittoria.

Nel giorno odierno, del 10 dicembre, così speciale dobbiamo imparare ad onorare in modo particolare la Madonna di Loreto, soprattutto per ciò che è accaduto lungo i secoli della nostra storia cattolica. Anche per spiegare il presente, i nostri tempi escatologici.

Innanzitutto dobbiamo ricordare tre date fondamentali:

1) La liberazione di Belgrado del 6 agosto 1455;

2) La vittoria di Lepanto del 7 ottobre 1571;

3) La liberazione della capitale austriaca, Vienna, dall’assedio dei nemici, i turchi avvenuta il 12 settembre 1683.

In quest’ultima data è accaduto un fatto singolarissimo nel cuore dell’Europa cristiana che ha rischiato grosso, e non si può non conoscerlo soprattutto per chi è militante della Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana. Giacché tale data memorabile porta il simbolo di una grande vittoria nel nome di Maria Santissima, la condottiera dell’esercito Celeste e terrestre, la nostra Immacolata.

Il 12 settembre 1683 il re di Polonia Giovanni III Sobieski, dopo aver suggellato l’alleanza con l’Imperatore Leopoldo I d’Austria, carica a cavallo con le ali di san Michele Arcangelo insieme al suo esercito degli “Ussari alati“, dall’alto del monte Kahlenberg da dove venne sferrato l’attacco, rompendo l’assedio ottomano di Vienna. Assedio che durava dal 14 luglio.

In quel giorno i due sovrani cattolici avrebbero dato il via ad una controffensiva incredibile, poiché la sproporzione numerica dei soldati in battaglia era davvero vistosa, ma che tuttavia non impedì anzi portò alla vittoria schiacciante dei cristiani, alla liberazione non solo della capitale austriaca ma dell’Europa intera dall’incubo terrificante dell’assedio ottomano. “Mamma li turchi” raccontava ancora la mia nonna centenaria prima di morire, ripensando alla furia Islamica. Era un grido d’allarme (giustificato!) di terrore.

A tal proposito desidero trasmettervi un metodo molto efficace, per non dimenticare più questa storia così avvincente. Quando berrete d’ora in poi un cappuccino o mangerete una brioche ricorderete senz’altro che il Cappuccino simboleggia Padre Marco D’Aviano e la brioche la mezzaluna turco ottomana, sconfitta da noi cristiani.

Leggiamo ora in dettaglio cosa è accaduto di questa entusiasmante vicenda che ci riguarda molto da vicino:

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Padre Marco d’Aviano, al secolo Carlo Domenico Cristofori, nacque ad Aviano, Pordenone, nel 1631. Da giovane studiò presso i Gesuiti, nel 1648 entrò nell’ordine dei Cappuccini e venne ordinato sacerdote; nel 1680 venne inviato in Germania dove divenne confidente e consigliere di molti principi tra i quali l’imperatore Leopoldo I d’Austria che lo chiamava il suo ‘angelo custode’. Fu al suo fianco nel 1683 come protagonista durante l’assedio di Vienna. Morì in quella città nel 1699 e fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini.

Padre Marco è sicuramente uno dei personaggi più importanti del suo tempo, soprattutto in riferimento al suo ruolo determinante in qualità di Cappellano Generale nella vittoriosa battaglia di Vienna dell’11 settembre 1683, definita da qualche storico come ‘la madre di tutte le battaglia’.

Perché ha chiuso il discorso militare con i turchi che volevano occupare l’Europa, decretando il loro irreversibile declino militare ed economico.Padre Marco ha legato il suo nome al Santuario di Loreto perché dopo la vittoriosa battaglia di Vienna, mentre il re polacco Sobieski entrava trionfante in Vienna, lui lo accompagnava mostrando un’immagine della Madonna di Loreto alla cui intercessione fu attribuita quella memorabile vittoria.

Dopo un secolo dalla disfatta di Lepanto del 1571 i turchi tentavano per terra di sommergere in Europa la cristianità. Maometto IV al principio del 1683 consegna a Karà Mustafà l’insegna di Maometto, facendogli giurare di difenderla fino alla morte. Il Gran Visir, orgoglioso della sua armata di 300.000 soldati promette di abbattere Belgrado, Buda, Vienna, straripare in Italia, giungere fino a Roma e collocare sull’altare di san Pietro il trogolo del suo cavallo.

Nell’agosto 1683 il cappuccino Padre Marco d’Aviano è nominato Cappellano Capo di tutte le armate cristiane. Egli rianima il popolo atterrito, convince Giovanni Sobieski ad accorrere con la sua armata di 40.000 uomini.

L’immagine della Madonna è collocata su ogni bandiera; Vienna aveva fiducia solo nel soccorso della Vergine Maria. La città era assediata dal 14 luglio e la sua resa era questione di ore.

Sul Kalenberg, la montagna che protegge la città dalla parte del nord, in una cappella Padre Marco celebrò una Messa servita da Sobieski davanti a tutta l’armata cristiana disposta a semicerchio.

Padre Marco promise la più strepitosa delle vittorie: alla fine della Messa, come in estasi, invece di dire: “Ite missa est!”, gridò: “Johannes, vinces!”, cioè “Giovanni, vincerai”.

La battaglia iniziò all’alba dell’11 settembre. Un sole splendido illuminava le due armate che stavano per decidere le sorti dell’Europa. Le campane della città, fin dal mattino, suonavano a stormo; le donne e i bambini erano in chiesa a supplicare la Vergine Maria. Prima di sera l’armata turca era in rotta: lo stendardo di Maometto nelle mani di Sobieski, la tenda del Gran Visir occupata.

Il popolo era impaziente di contemplare il volto dell’eroe. Sobieski, preceduto dal grande stendardo di Maometto, vestito di azzurro e di oro, montato sul cavallo del Gran Visir il giorno seguente fece il suo ingresso in città tra il delirio del popolo. Per ordine di Sobieski, il corteo si diresse verso la chiesa della Madonna di Loreto in cui si venerava una celebre immagine della Beata Vergine: a Lei era dovuta la vittoria e ai suoi piedi tutto il popolo si prostrò riconoscente.

Fu celebrata una Messa e Sobieski rimase sempre in ginocchio come assorto. Il predicatore salì sul pulpito e fece un grande discorso di circostanza, applicando a Sobieski il testo evangelico: “ci fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni”. La cerimonia proseguì grandiosa e solenne nella sua semplicità, con particolari gustosi che mettono in rilievo la fede e la bonomia di Sobieski. L’assedio aveva disorganizzato molte cose; la Chiesa di Loreto non aveva più cantori “Non importa!” disse Sobieski, e con la sua voce potente il buon polacco intonò ai piedi dell’altare il Te Deum che il popolo proseguì a una sola voce.

L’organo e la musica non erano necessari: il coro della folla vi supplì con commozione. Il clero sconcertato non sapeva come concludere e sfogliava il Messale Rituale per cercare un versetto: Sobieski lo trasse dall’imbarazzo e, senza troppo badare alle Rubriche ne improvvisò una e la sua voce sonora si alzò ancora potente sulla Terra Non nobis, Domine, non nobise i sacerdoti risposero piangendo: “sed nomini tuo da gloriam!

Sobieski inviò subito un messaggio al beato papa Innocenzo XI per annunciargli la vittoria. I termini della sua missiva mostrano l’umiltà e la fede di questo eroe: “Venimus, vidimus, et Deus vicit” “Siamo venuti, abbiamo veduto e Dio ha vinto”.

Una solenne ambasciata portava al papa lo stendardo di Maometto IV, la tenda del Gran Visir e una bandiera cristiana riconquistata ai turchi. Il beato Innocenzo XI, riconoscente alla Madonna di Loreto per la vittoria, inviò al Santuario la bandiera ritolta ai turchi e la tenda del Gran Visir. La bandiera si conserva ancora nella sala del tesoro la tenda fu portata personalmente da Clementina, figlia di Sobieski e sposa a Giacomo II, re d’Inghilterra. Con la tenda fu confezionato un prezioso baldacchino che si usa solo nelle grandi solennità; una parte servì per un apparato in-quarto per i pontificali.

Anche il papa, come Sobieski, attribuiva la vittoria alla Vergine ; il suo ex voto fu la costituzione di una Festa in onore al Santo Nome di Maria. Il 25 novembre 1683 un Atto della Congregazione di Riti la estendeva a tutta la Chiesa e la fissava nella domenica successiva alla Natività di Maria.

San Pio X l’ha fissata per il 12 settembre, giorno anniversario della vittoria.

Dopo la grande battaglia di Vienna sotto le macerie fu trovata una bella immagine della Madonna di Loreto nei cui lati era scritto ‘In questa immagine di Maria sarai vincitore, o Giovanni. In questa immagine di Maria vincerai, o Giovanni’.

Era certo l’immagine portata lì da san Giovanni da Capistrano, più di due secoli prima, nelle lotte contro i turchi in Ungheria e a Belgrado.

Sobieski volle che padre Marco la portasse nell’ingresso trionfale a Vienna il giorno dopo la vittoria. La portò con sé inseguendo il nemico e con essa riportò splendide vittorie contro i turchi. La fece collocare poi nella sua cappella dove faceva celebrare dinnanzi a Lei la Santa Messa e cantare le Litanie Lauretane.

Nella Cappella Polacca a Loreto il prof. Gatti ha voluto ricordare questo episodio collocando nella parete destra il quadro con il padre Marco e il quadro della Madonna di Loreto in mano. Il beato papa Innocenzo XI mise l’impronta della Santa Casa con l’iscrizione ‘Santa Maria di Loreto, pregate per noi’ negli Agnus Dei del primo e settimo anno del suo pontificato.

[Tratto dallo Scritto di Padre Arsenio d’Ascoli, già Direttore della Congregazione Universale, apparso nel volume I Papi e la Santa Casa di Loreto, 1969]