
«L’ODIO E LA FEROCIA CON CUI I NEMICI DI DIO MINACCIANO DI DISTRUGGERE TUTTO CIÒ CHE C’È DI DIVINO NELLA CHIESA»
Oggi, la falsa chiesa modernista e vaccinista di papa Francesco (fautore ad oltranza dei vaccini e della vaccinazione), ha fatto sue le eresie dello spirito del mondo, vale a dire dell’umano volere, abbracciando a sé la cosiddetta dittatura del relativismo, figlia del pensiero unico. Essa, inserita in questa cornice escatologica della fine dei tempi, ha rinunciato a quella splendida cometa che non smette di richiamare la nostra più fervida attenzione, la cui scia tuttora irraggiante e luminosa è rappresentata dalla grande tradizione cattolica, così antica e sempre nuova, ossia dalla sana dottrina bimillenaria del depositum fidei. Scegliendo di sposare una visione del mondo totalmente alienante e al contempo liquida, fumosa, la chiesa 2.0 di Santa Marta mira a conciliare in modo subdolo e devastante gli angeli con la reincarnazione, Osho con Gesù e Allah, spingendoli verso l’unificazione forzata, ossia l’ecumenismo secolarizzante.
È la nuova camicia di forza del Potere, la nuova religione mondiale atta a soggiogare i popoli non allineati. Tuttavia i buoni cattolici, aggrappati alla tradizione bimillenaria, si guardino bene dall’aderirvi o a prendervi parte a tale operazione luciferina, potenza d’inganno (cf. 2Ts 2,3-12), giacché la vera Chiesa fondata da N.S. Gesù Cristo è:
«una, santa, cattolica e apostolica nella sua identità profonda e ultima, perché in essa già esiste e si compirà alla fine dei tempi « il regno dei cieli », « il regno di Dio », che è venuto nella persona di Cristo e che misteriosamente cresce nel cuore di coloro che a lui sono incorporati, fino alla sua piena manifestazione escatologica. Allora tutti gli uomini da lui redenti, in lui resi « santi e immacolati al cospetto » di Dio « nella carità », saranno riuniti come l’unico popolo di Dio, « la Sposa dell’Agnello », « la Città santa » che scende « dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio »; e « le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici Apostoli dell’Agnello » (Ap 21,14). (Catechismo n. 865)
Certo non ignoriamo quale cumulo inveterato di pregiudizi impedisca tenacemente che si realizzi la preghiera innalzata da Cristo all’eterno Padre per i seguaci dell’evangelo, nell’ultima cena: «Che tutti siano una cosa sola» (Gv 17, 21). Ma conosciamo anche che la forza della preghiera è così grande, se gli oranti, in compatta schiera, ardono di sicura fede in una coscienza pura, che si può spostare perfino una montagna e precipitarla nel mare (cf. Mc 11, 23). Desideriamo dunque ardentemente che tutti coloro cui sta a cuore il caldo richiamo ad abbracciare l’unità cristiana (e nessuno che appartenga a Cristo può far poco conto di una cosa così grave), innalzino preci e suppliche a Dio, autore e fonte di ordine, unità e bellezza, affinché i voti lodevoli degli uomini migliori si realizzino quanto prima. A spianare certamente il cammino per cui si deve raggiungere tale meta, vale l’indagine senza ira e passione con cui, oggi più che nel passato, sogliono ricostruirsi e vagliarsi i fatti antichi.
Ma c’è un altro motivo che con grande urgenza esige che le schiere denominate cristiane quanto prima si uniscano e combattano sotto un solo vessillo contro i tempestosi assalti del nemico infernale. Chi non ha orrore dell’odio e della ferocia con cui i nemici di Dio, in molti paesi del mondo, minacciano di distruggere o cercano di sradicare tutto ciò che c’è di divino e di cristiano? Contro le associate schiere di costoro, non possono continuare, divisi e dispersi, a perder tempo tutti quelli che, segnati dal carattere battesimale, sono destinati per dovere alla buona battaglia di Cristo.
I ceppi, le sofferenze, i tormenti, i gemiti, il sangue di coloro che, noti o ignoti, moltitudine senza numero, in questi ultimi tempi e ancora oggi, per la costanza della virtù e la professione della fede cristiana hanno sofferto e soffrono, con voce sempre più alta eccitano tutti ad abbracciare questa santa unità della chiesa. [Roma, presso San Pietro, l’8 settembre, festa della natività di Maria vergine, nell’anno 1951, XIII del Nostro pontificato]
[PIO PP. XII – LETTERA ENCICLICA – SEMPITERNUS REX CHRISTUS(1) XV CENTENARIO – DEL CONCILIO ECUMENICO DI CALCEDONIA]

Luisa vede Roma e scorge i grandi peccati. Gesù vuol castigare, ma lei si oppone.
Continuando il mio stato di privazione e quindi d’amarezze indicibili, questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa. Mi pareva che fosse Roma; quanti spettacoli si vedevano in tutte le classi di persone, fin nel Vaticano si vedevano cose che facevano ribrezzo. Che dire poi dei nemici della Chiesa? Come si rodono di rabbia contro di essa, quante stragi vanno macchinando, ma non possono effettuarle, ché Nostro Signore li tiene come legati ancora. Ma quello che più mi ha fatto spavento, che vedevo il mio amante Gesù quasi in atto di dar loro la libertà. Chi può dire quanto ne sono restata costernata? Onde vedendo Gesù la mia costernazione, mi ha detto:
“Figlia, sono necessari i castighi assolutamente. In tutte le classi è entrato il marciume e la cancrena, quindi è necessario il ferro e il fuoco per fare che non perissero tutti. Perciò questa è l’ultima volta che ti dico di conformarti al mio Volere, ed io ti prometto di risparmiare in parte”.
Ed io: “Caro mio Bene, non mi dà il cuore di conformarmi teco nel castigare le genti”.
E lui: “Se tu non ti conformi, essendo di assoluta necessità di ciò fare, io non ci verrò secondo il solito e non ti manifesterò quando verserò i castighi, e non sapendolo tu, e non trovando io chi in qualche modo mi spezzi il giusto mio sdegno, darò libero sfogo al mio furore e non avrai neppure il bene di risparmiare in parte il castigo. Oltre di ciò, il non venire e non versando in te quelle grazie che avrei dovuto versare, è anche un’amarezza per me, come in questi giorni scorsi che non tanto son venuto, tengo la grazia contenuta in me”.
E mentre ciò diceva mostrava di volersi sgravare, ed avvicinandosi alla mia bocca ha versato un latte dolcissimo, ed è scomparso.
[Luisa Piccarreta, Libro di Cielo, IV Vol. 22 Marzo 1901]

